Le costruzioni in muratura sono state realizzate dall’uomo lungo un arco temporale di circa settemila anni e durante tutto questo tempo il “materiale muratura” ha conservato la stessa proprietà meccanica, quella di poter sostenere solo sforzi di compressione e non di trazione.
Questo aspetto fondamentale ha determinato un percorso forzato nella lunga ricerca delle sue varie soluzioni strutturali, ricerca che si è via via concretizzata con la formulazione di regole costruttive soprattutto fondate sulla base dei successi e degli insuccessi registrati sul campo. L’essenza di tali regole risiede di fatto nella geometria, ovvero nei principi della simmetria e dell’ordine che governano la costruzione e nella proporzione tra le varie parti che la compongono. Una teoria “classica” delle proporzioni si è così sviluppata a partire da Vitruvio, per giungere fino a Leon Battista Alberti, a Palladio e ai cosiddetti trattatisti rinascimentali. In accordo ad essa, la statica delle costruzioni in muratura è stata nella sostanza regolata per lunghi secoli solo dalla geometria e dai rapporti dimensionali dell’edificio. È la quantitas, cioè l’insieme delle misure delle varie parti rapportate al modulo, indipendentemente dalla sua entità assoluta, a definire allora la geometria dell’opera. Ciò ha pertanto rappresentato nel passato – e per numerosi secoli – l’essenza dell’arte e della scienza del costruire.

Nel Seicento Galileo confutò fortemente questa teoria proporzionale e nei suoi Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze (1638) osservò che, data una struttura in grado di sostenere il proprio peso, qualunque altra struttura, ottenuta partendo da questa e ingrandendone omoteticamente le dimensioni, doveva presentare via via minore capacità di resistenza. Galileo si rese ben conto che questa sua scoperta contraddiceva le regole del dimensionamento utilizzate dagli architetti del suo tempo, mettendo così in discussione i principi costruttivi che avevano regolato la progettazione delle costruzioni in muratura fino ad allora. Nel formulare la sua teoria, ovvero confrontando l’entità delle sollecitazioni presenti all’interno della struttura con la resistenza del materiale che la costituiva, lo scienziato pisano aveva in effetti già in mente i principi della moderna ingegneria strutturale, operando così di fatto un grande e sostanziale “cambio di paradigma”.
Va comunque osservato che per le costruzioni in muratura altre sono le regole del gioco, soprattutto determinate dalle basse sollecitazioni presenti, che rendono improbabili le rotture locali. A causa del comportamento unilatero del materiale, si possono verificare fessurazioni o distacchi che danno luogo a campi di spostamento – i meccanismi – che si sviluppano senza alcun contrasto interno. La struttura muraria, se assoggettata a un determinato processo di carico, potrebbe così raggiungere una condizione di collasso per pura perdita di equilibrio, nel senso che tale condizione potrebbe manifestarsi anche nel caso limite di una muratura infinitamente resistente a compressione. È questa la subdola insidia sempre presente nel comportamento delle costruzioni in muratura, insidia che i costruttori del passato avevano compreso e fronteggiato con specifiche regole costruttive e con un conseguente dimensionamento delle strutture in gioco. Questa comprensione espressa dagli antichi costruttori può essere da noi pensata come scientia abscondita, una scienza nascosta e profondamente diversa da quella moderna che è basata sul comportamento meccanico dei materiali nonché sulla determinazione del livello tensionale in essi presente. Scienza nascosta, si pensa, perché del tutto al di fuori delle arti – quelle liberali – riconosciute per secoli come contenitori dell’essenza del sapere. Le arti meccaniche, considerate “minori” rispetto a quelle del trivio e del quadrivio, hanno al contrario avuto un lungo e travagliato percorso, lungo il quale la scienza nascosta, come antica associazione di arte e scienza del costruire, si è via via rivelata.


All'interno del volume sono ripercorse alcune tappe estendendo il percorso a entrambi i rami delle arti meccaniche e di quelle liberali; sono indicate, in ordine temporale, alcune significative costruzioni in muratura e in pietra del passato e alcuni nomi di studiosi che si pensa abbiano influenzato, più o meno direttamente, con i loro fondamentali sviluppi di pensiero, queste costruzioni. La rigida appartenenza all’uno o all’altro dei due rami è il motivo principale che ha prodotto la distanza tra le realizzazioni costruttive del ramo “meccanico” e le speculazioni di pensiero di quello “liberale”, distanza che ha così mantenuto nascoste le affinità di pensiero e di cultura che viceversa quasi sicuramente sono di fatto tra di esse esistite. Distanza che solo verso la metà del Settecento si è invece vieppiù ridotta, allorquando nel 1742 il Pontefice Benedetto XIV, fortemente preoccupato dalla precaria stabilità della Cupola vaticana, ne commissionava una perizia tecnica ai matematici Boscovich, Le Seur e Jaquier, a cui ne seguiva, nel 1748, un’analoga redatta da Giovanni Poleni. Quest’ultima perizia, nell’applicare il teorema di Hooke, rappresenta ancora oggi un primo esempio di analisi strutturale alla luce di un modello matematico codificato e ciò costituisce un possibile primo punto d’incontro tra i due rami delle arti meccaniche e liberali.
Va inoltre osservato che nel volume si sono messi ben in evidenza anche i due fondamentali approcci seguiti dall’uomo nell’edificare le sue costruzioni, ovvero – come si è già sottolineato – da un lato la geometria e la proporzionalità (la cosiddetta scientia abscondita), dall’altro la resistenza dei materiali (di fatto la scienza delle costruzioni). Il primo e più antico approccio ha perso nel corso dei secoli la sua forza esecutiva, il secondo, a partire all’incirca dalla metà del Seicento, al contrario l’ha via via intensificata, come la stessa modalità grafica adottata evidenzia.


Il volume affronta nel suo complesso tutta la tematica or ora discussa, dapprima considerando (capitolo 1) come i singoli rami delle arti meccaniche e liberali abbiano o meno avuto interazioni nel corso del tempo, potendo così nascondere nel processo del costruire una forma di scienza di fatto presente. È questa la ragione che rende alquanto utile indagare il rapporto tra arti liberali e arti meccaniche, perché è proprio attraverso di esso che si possono delimitare i territori tanto dell’arte, più legata all’operatività, quanto della scienza del costruire, più legata alle speculazioni di pensiero. Il capitolo 2 affronta poi il ruolo sostenuto dai concetti di simmetria, ordine e proporzione che, ben radicati nella cultura del passato, hanno finito per condizionare fortemente – fino alla soglia del Settecento – anche il mondo delle costruzioni. Nodo centrale della questione è la ricerca delle regole costruttive (capitolo 3) e dunque delle proporzioni tra le parti, che durante i secoli si sono via via sviluppate nelle costruzioni. Tale analisi si articola nell’individuazione dei rapporti fissati dai vari costruttori nei riguardi degli elementi che compongono la struttura (archi, volte, piedritti, pilastri e cupole). Il capitolo 4 tratta della graduale comprensione del comportamento statico delle costruzioni in muratura, attraverso la lenta percezione della spinta degli archi e delle volte, con l’invenzione dell’arco a conci radiali. L’esame prosegue nell’analisi del tracollo tecnico-culturale dell’Alto Medioevo e nella riacquisizione dell’antica sapienza meccanica nell’architettura gotica. I trattati e le architetture del Quattrocento rappresentano il punto di arrivo di questo percorso, i cui segni di crisi cominciano a manifestarsi nel “gigantismo” di Michelangelo espresso nel progetto della cupola di San Pietro. Si affianca in questo capitolo l’analisi della prima formalizzazione della statica dell’arco (ut pendet continuum flexile sic stabit contiguum rigidum inversum – come pende un filo flessibile così starà la sua forma ribaltata rigida) con la relativa scoperta della curva delle pressioni. Dopo la critica di Galileo alla teoria delle proporzioni, che però non si può applicare alle costruzioni in muratura, il capitolo si conclude con lo svelamento della scienza nascosta presente nelle costruzioni in muratura del passato. Questo svelamento sorprendentemente mette in luce per le antiche costruzioni in muratura (capitolo 5) l’adeguatezza della classica teoria delle proporzioni nei riguardi del rispetto delle equazioni cardinali della statica, e consente la verifica delle antiche regole costruttive, con particolare riferimento all’arco, al sistema volte-muri e alle cupole. Il capitolo termina con l’analisi del comportamento statico del Pantheon romano, della cupola del Brunelleschi e di quella di San Pietro, della quale si approfondisce il restauro statico pensato dal Poleni a metà del Settecento.

Filo rosso che unisce le varie parti del libro appare comunque essere quello del viaggio diacronico compiuto dal processo del costruire lungo i numerosi secoli trascorsi dall’antichità fino al Settecento, consapevoli come siamo – ricordando il pensiero di Ernst Cassirer – che “per possedere il mondo della cultura bisogna riconquistarlo incessantemente per mezzo del ricordo storico”.

 
Scientia abscondita 
Arte e scienza del costruire nelle architetture del passato

di Mario Como, Ivo Iori, Federica Ottoni

EDITORE: Marsilio
COLLANA: Saggi
DATA DI PUBBLICAZIONE: settembre 2019
ISBN: 8829702064
PAGINE: 352


Scientia abscondita. Arte e scienza del costruire nelle architetture del passato

Un libro di Mario Como, Ivo Iori, Federica Ottoni