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Il grave impatto socioeconomico dei recenti eventi sismici ha ulteriormente evidenziato, da un lato, la netta discrepanza tra le aspettative della società e la realtà delle prestazioni sismiche degli edifici moderni, confermando, dall'altro, l’urgente necessità di un piano coordinato per la riduzione del rischio sismico a scala nazionale.
In generale, seppure con alcune eccezioni, gli edifici moderni multipiano progettati secondo recenti normative antisismiche hanno “funzionato” da un punto di vista tecnico come atteso. Secondo i principi di gerarchia delle resistenze – o progettazione in capacità - le cerniere plastiche si sono formate in discrete e predeterminate regioni dell’edificio, ad esempio all’interfaccia trave-colonna, alle connessioni tra colonna-fondazione e parete-fondazione, permettendo agli edifici di oscillare e rimanere in piedi e alle persone di evacuare. Tuttavia, in tali condizioni, la riparazione di questi edifici si è dimostrata particolarmente (se non troppo) costosa comportando spesso la demolizione controllata.
Evidentemente, nel Terzo Millennio, l’obiettivo primario della Salvaguardia della Vita Umana non è più sufficiente per una società moderna, almeno quando si fa riferimento alle nuove costruzioni.
Si rende urgentemente necessario un cambio di paradigma nei criteri e obiettivi di progettazione prestazionale, puntando al controllo del danno sia in termini di metodi e filosofie progettuali che in termini di tecnologie a basso-danneggiamento. La maggiore consapevolezza, da parte della popolazione in generale, e più in particolare degli inquilini, dei proprietari di immobili, delle autorità territoriali e dei (ri-)assicuratori, dei gravi impatti socio-economici di terremoti moderatamente forti in termini di vittime/danni/costi/tempi (perdita di operabilità), ha effettivamente stimolato (per esempio in Nuova Zelanda a seguito della sequenza di eventi sismici nella regione di Canterbury nel 2010-2011) e facilitato una più ampia accettazione e implementazione di tecnologie a basso-danneggiamento, peraltro molto efficienti sotto il profilo dei costi.
Rendere le comunità più sicure e più resilienti è oggi finalmente riconosciuto obiettivo primario delle politiche e pratiche di riduzione del rischio. Rendere il nostro sistema di strutture e infrastrutture resistente ai danni e resiliente agli impatti rappresenterebbe un passo fondamentale verso tale obiettivo. L’”asticella” è stata quindi alzata in modo significativo con la richiesta di accelerare lo sviluppo di ciò che la popolazione spererebbe o meglio già si aspetterebbe di avere, cioè costruzioni effettivamente "anti-sismiche", in grado di sostenere lo scuotimento di un forte terremoto senza praticamente alcun danno.
Oltre alle più "tradizionali" tecnologie ad alte prestazioni quali l’isolamento alla base e, per certi aspetti, i controventi dissipativi, che stanno vivendo una rinascita in Nuova Zelanda, particolare interesse viene attribuito a sistemi "a basso danneggiamento" alternativi e più recentemente sviluppati, basati su sistemi di post-tensione non-aderente e meccanismi di rocking dissipativo, che uniscono capacità autocentranti e dissipative, con soluzioni in calcestruzzo, legno lamellare e acciaio.
Questo articolo fornisce una panoramica sui recenti progressi, ottenuti tramite una ingente attività di ricerca negli ultimi vent’anni, con particolare riferimento agli ultimi quindici anni di Ricerca e Sviluppo presso l'Università di Canterbury a Christchurch in Nuova Zelanda, per lo sviluppo di un “sistema edificio” a basso-danneggiamento, nell’ambito di un approccio integrato che tenga conto dello scheletro della sovrastruttura, delle componenti non strutturali (facciate, partizioni/tamponature, controsoffitti, impianti, contenuto) e dell'interazione con il sistema suolo / fondazione.
Si presenteranno esempi di applicazioni in situ di tale tecnologia in Nuova Zelanda, realizzati in calcestruzzo armato, legno lamellare, acciaio o una combinazione di questi materiali, quali esempi positivi di un avvenuto trasferimento dalla teoria alla pratica di una progettazione sismica prestazionale avanzata, in linea con l'obiettivo più ampio di “Building Resilience”.
The severe socio-economic impact of recent earthquake events has further highlighted, on one hand, the severe mismatch between societal expectations over the reality of seismic performance of modern buildings, while confirming, on the other hand, the crucial need for a coordinated seismic risk reduction plan at a national level.
In general, albeit with some unfortunate exceptions, modern multi-storey buildings performed as expected from a technical point of view. As per capacity design principles, plastic hinges formed in discrete predetermined regions, e.g. beam-to-column interface, column-to-foundation and wall-to foundation connections, allowing the buildings to sway and stand and people to evacuate. Nevertheless, in such conditions, these buildings are very expensive to be repaired, and often deemed too expensive and are consequently demolished.
Arguably, in the third Millennium, targeting life-safety is not enough for our modern society, at least when dealing with new building construction.
A paradigm shift in performance-based design criteria and objectives towards damage-control or low-damage design philosophy and technologies is urgently required. The increased awareness by the general public, tenants, building owners, territorial authorities as well as (re)insurers, of the severe socio-economic impacts of moderate-strong earthquakes in terms of deaths/damage/dollars/downtime, has indeed stimulated and facilitated (in New Zealand, in the aftermath of the Canterbury Earthquake Sequence in 2010-2011) the wider acceptance and implementation of cost-efficient damage-control (or low-damage) technologies.
Building safer and more resilient communities is in fact being recognized as the overarching goal of risk reduction policies and practices. A damage-resistant or impact-resilient built environment, including structures and infrastructures, would represent a key step towards this goal. The ‘bar’ has thus been raised significantly with the request to fast-track the development of what the wider general public would hope, and somehow expect, to live in, i.e. an “earthquake-proof” building system, capable of sustaining the shaking of a severe earthquake basically unscathed.
In additional to more “traditional” damage-control technology as base isolation and supplemental dissipative braces, which are experiencing a resurgence in New Zealand, particular interest is being received by alternative and more recently developed “low-damage” systems, based on post-tensioned rocking mechanisms, combining self-centering and dissipating capabilities, for either concrete, timber and steel.
The paper provides an overview of recent advances through extensive research, carried out in the past twenty years – with focs on the pat fifteen years of R&D at the University of Canterbury in New Zealand, towards the development of a low-damage building system as a whole, within an integrated performance-based framework, including the skeleton of the superstructure, the non-structural components (facades, partitions/infills, ceilings, services, contents) and the interaction with the soil/foundation system.
Examples of on site-applications of such technology in New Zealand, using concrete, timber (laminated timber), steel or a combination of these materials, and featuring some of the latest innovative technical solutions developed in the laboratory, will be presented as comforting example of successful transfer of performance-based seismic design approach and advanced technology from theory to practice, in line with the broader objective of Building Resilience.