Il castagno è pianta ben nota in quanto ampiamente diffusa in Italia sia come albero isolato sia come specie caratterizzante alcune tipologie di boschi presenti in una zona fitoclimatica che ne prende il nome (Castanetum), estendendosi dalla pianura alla fascia submontana, e interessa circa un terzo del territorio nazionale.
Nel nostro Paese si riscontrano evidenze della sua coltivazione risalenti all’epoca neolitica (4000 a.C.) sebbene si attribuisca ai Romani l’espansione su larga scala.
Nel IV secolo a.C. Senofonte definì il castagno “albero del pane” per i suoi noti prodotti non legnosi e come tale ha assunto per secoli un ruolo strategico nelle aree marginali in ambito collinare e di bassa montagna.
In Italia si segnalano poi diversi castagni monumentali, come quello “dei cento cavalli” in Sicilia, sotto il quale, secondo la tradizione, trovarono riparo da un temporale Giovanna d’Aragona e la sua scorta.
Questi sono alcuni esempi che evidenziano l’importanza del castagno e delle implicazioni legate alle sue diverse forme di gestione dal punto di vista socio-economico, ambientale e paesaggistico, in tutto il bacino del Mediterraneo. La possibilità di ricavare assortimenti legnosi di varie dimensioni e qualità, destinabili a molteplici impieghi (peraltro tradizionalmente radicati nella nostra cultura), rende inoltre il castagno una risorsa rinnovabile degna di particolare attenzione e in grado di rispondere agli attuali criteri di sostenibilità, affidabilità e valorizzazione delle filiere locali.
In tale contesto la breve pubblicazione di FederlegnoArredo “Il legno di castagno.
Conoscerne il valore, (ri)scoprirne le potenzialità” intende contribuire a diffondere la conoscenza dei principali aspetti tecnici e potenzialità che ne caratterizzano il legno.
Il legno di castagno
Conoscerne il valore, (ri)scoprirne le potenzialità