Negli interventi di miglioramento e adeguamento sismico successivi al terremoto in Emilia, si è verificato un incremento dell’impiego di ancoranti post-installati in tutti i casi che presentavano una mancanza di connessione tra elementi orizzontali e verticali della struttura (collegamento trave-pilastro) o tra elementi orizzontali (collegamento copertura-trave).
Gli edifici maggiormente interessati da tali carenze sono quelli ad uso industriale, per cui è previsto solitamente l’impiego della prefabbricazione.
In strutture simili, le sollecitazioni generate dal fenomeno sismico possono causare ad esempio la perdita d’appoggio di elementi secondari come tegoli di copertura, generando danni di entità notevole. Ulteriori tipologie d’intervento si riscontrano nel collegamento dei pannelli perimetrali con le travi di bordo.
Nell’attuale fase di transizione normativa, in attesa delle linee guida europee destinate a colmare un vuoto in questo ambito, è comunque possibile individuare alcuni principi fondamentali per la scelta dell’ancorante in un intervento di adeguamento o miglioramento sismico.
A partire dall’esperienza maturata e dal lungo lavoro di normazione a cui ha preso parte insieme ad altre aziende europee al fianco di ECAP (European Consortium of Anchor Producer) e del Politecnico di Milano, Bossong individua tre punti fermi: l’utilizzo di ancoranti in possesso di marcatura Ce con Eta per calcestruzzo fessurato; rispetto dei parametri minimi di interasse, distanza dai bordi e spessore del supporto, i cui valori sono specificati all’interno dei benestari tecnici europei; necessità di assicurarsi che la geometria dell’intervento permetta il riempimento del foro tra corpo dell’ancoraggio e piastra con malta o resina, in modo da annullare qualsiasi gioco durante un evento sismico ed eliminare il cosiddetto “Hammer Effect”, che causa un’amplificazione delle azioni sugli ancoranti.
Vanno rispettate inoltre le prescrizioni relative alla posa in opera degli ancoranti fornite dai produttori, ad esempio la pulizia dei fori, che, soprattutto in presenza di ancoranti chimici, deve essere sempre eseguita.
Una delle difficoltà nell’operare su elementi prefabbricati tramite l’uso di ancoranti post-installati è rappresentata dal vincolo geometrico, per via dei valori di interassi e distanze dai bordi solitamente richiesti da questa soluzione. Tale problema è meno influente sugli ancoranti di tipo chimico, che, rispetto a quelli di tipo meccanico a controllo di coppia, possedendo un funzionamento resistente per adesione, richiedono interassi e distanze dai bordi inferiori ai tradizionali ancoranti meccanici. Questo perché in fase di installazione, non viene generata alcuna tensione sul materiale base.
Il rispetto degli interassi minimi e della minima distanza dai bordi è indispensabile per evitare la rottura per fessurazione del supporto (“splitting”) durante l’installazione.
In queste tipologie d’intervento, un altro vantaggio degli ancoranti chimici è la flessibilità relativa alla profondità di posa in opera. In accordo all’Etag 001 parte 5, gli ancoranti chimici hanno la possibilità di essere installati da una profondità minima di 4 volte il diametro nominale a 20 volte il diametro nominale dell’inserto metallico (generalmente barre filettate).
Ciò significa che, se geometria e livello di azione di progetto lo consentono, è possibile fare affidamento su profondità di posa variabili generando meccanismi resistenti che possono arrivare sino allo snervamento dell’inserto metallico utilizzato.
Gli svantaggi dei prodotti chimici rispetto alla soluzione meccanica tradizionale consistono nei tempi di attesa per la messa in carico e nell’attenzione richiesta in fase di posa.

ANCORANTI EPOSSIDICI: UNA METODOLOGIA DI INTERVENTO
Una collaborazione è attualmente in corso fra Bossong e il Laboratorio Materiali del Politecnico di Milano (Dipartimento di Ingegneria Strutturale) per valutare il comportamento in ambito sismico dell'ancorante chimico epossidico BCR EPOXY 21 con Benestare Tecnico Europeo Eta-11/0344 in abbinamento a barre filettate standard, soluzione ritenuta tra le migliori a livello di resistenza e flessibilità.
Sulla base dell’esperienza tecnica e di quanto realizzato in passato dall’azienda, gli interventi con ancoranti chimici epossidici mirati al collegamento di elementi prefabbricati prevedono normalmente l’impiego di barre filettate da M16 a M24. Le piastre di connessione sono generalmente realizzate in acciaio al carbonio tipo S275 o S355 (in accordo alla En 10025), a seconda della scelta del progettista.
Nei limiti del possibile, la geometria della piastra metallica dovrebbe essere pensata anche in funzione dell’interasse caratteristico al quale vanno posti gli ancoraggi, che comunque deve essere superiore a quello minimo prescritto per l’ancorante utilizzato.
I fori da realizzare nelle piastre di connessione devono essere di circa 2 mm più grandi rispetto al diametro nominale della barra. Fori asolati possono anche essere previsti per consentire una più agevole installazione durante la fase di posa in opera.
In entrambi i casi, i vuoti esistenti tra la barra di ancoraggio e la piastra vanno sempre riempiti tramite lo stesso ancorante chimico o malta.
Lo spessore della piastra deve essere congruo con quello fissabile massimo stabilito per l’ancoraggio scelto. Un ancorante chimico garantisce una maggiore flessibilità da questo punto di vista, e consente di prevedere una barra filettata con lunghezza ad hoc a seconda dell’esigenza progettuale.
Le piastre metalliche di collegamento possono essere messe in opera dopo aver realizzato l’ancoraggio, ad esempio nel caso di installazioni su pareti verticali e in posizioni scomode. Questa modalità d’installazione non è consentita invece dagli ancoranti meccanici normalmente impiegati per tali applicazioni, che prevedono unicamente fissaggi di tipo passante.
Per quanto riguarda la carpenteria metallica e le barre filettate, la scelta è dettata dalle diverse situazioni. Negli ambienti interni ed esterni protetti, ricade di solito su acciai al carbonio con zincatura elettrolitica. Nel caso in cui l’installazione fosse invece eseguita in ambiente esterno non protetto, oppure all’interno con condizioni particolari di temperatura e umidità (entrambi fattori che possono accelerare il processo di corrosione), è preferibile l’utilizzo di bulloneria zincata a caldo o acciai inossidabili.
 




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Sicurezza in campo sismico

La scelta degli ancoranti